Spesso accade che lo scatto fotografico esuli da quello che sento di aver visto e non riproduce quello che voglio ricordare.
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Sarà successo a tutti coloro che non usano l’apparecchio fotografico a scopo professionale, che l’immagine non assomigli a ciò che credevamo di aver visto e il rapporto tra la sensazione avuta, l’esperienza avuta e il risultato della ripresa sia per il bianco e nero che per il colore, sia deludente. |
Il fatto è che a noi umani la percezione diretta della realtà oggettiva non sia concessa e che tutto vediamo e comprendiamo tramite l’interpretazione. |
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Inconsapevolmente operiamo una scelta degli aspetti che selezioniamo perchè ci presentano ‘quel significato’, ignorandone altri pur presenti nel quadro, quando invece l’obiettivo inquadra tutto, VEDE, indiscriminatamente.
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Possiamo dirigere l’obiettivo in molti modi ma resta spesso un ‘NON ANCORA’, una discrepanza che porta l’immagine ad assomigliare a qualcos’altro, a non rispecchiare la nostra esperienza in ciò che abbiamo visto. Suggerendo altro. |
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Non essendo fotografa e avendo ricevuto una formazione pittorica ho pensato di trasformare la ‘deformazione’ sovrapponendovi velature di colore, in tal modo avvicinando l’effetto generale della mia visione. |
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Negli anni ‘80 seguendo il consiglio di Lila de Nobili ho avuto modo di conoscere a Parigi la tecnica del Prof.Wacker, docente au Beaux Arts, un metodo finalizzato a produrre copie di opere pittoriche antiche.
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Con opportune modifiche si è rivelata compatibile a questo nuovo utilizzo: la colorazione a olio di stampe bianco e nero realizzate con carta cotone e tecniche ink jet utilizzate esclusivamente da Acsaf-Firenze. |
Olimpia Hruska |